Produzioni forestali

L’aspetto dei terreni della Tenuta di Tombolo è quello di una pianura lievemente ondulata, formata da un alternarsi di dune (dette “tomboli” o “cotoni”) e di zone depresse (denominate “lame”), disposte parallelamente alla linea di costa; l’altezza dei rilievi si mantiene sempre al di sotto dei 2 m, mentre il fondo delle lame allo stato naturale è solo di poco più alto del livello del mare. I terreni sono di tipo alluvionale, ed hanno avuto origine con l’apporto di sedimenti da parte dell’Arno; il processo di sedimentazione non è stato continuo nello spazio, né tanto meno nel tempo, ed è avvenuto in parte naturalmente ed in parte per azione antropica

L’area è interessata da una precipitazione annua di circa 950 mm (totale annuo medio degli anni 1921-1986 per la stazione di Pisa) e da una falda ricca e mediamente superficiale, oscillante tra gli uno e i due metri di profondità; la vegetazione presente risulta perciò caratterizzata in particolar modo dalla morfologia e dalla tessitura del suolo, in quanto la maggiore o minore distanza dalla falda determina la presenza di boschi formati da specie xerotolleranti o da igrofile. La distribuzione di queste formazioni avviene in successione alterna e con andamento parallelo rispetto alla linea di costa, con la vegetazione più xerofila sui tomboli e quella più igrofila nelle depressioni intradunali; il livellarsi progressivo della morfologia nelle zone più arretrate determina, infine, un appiattimento dei valori estremi, consentendo una maggiore uniformità della vegetazione, che si assesta così su caratteri generali più mesofili. A ciò si è sovrapposta l’azione dell’uomo, che nei secoli ha alterato la composizione specifica di questi boschi, operando interventi selvicolturali mirati al prelievo di certi assortimenti e di determinate specie, invece di altre. L’azione che maggiormente ha però alterato le primitive condizioni ambientali è stata certamente la bonifica idraulica del 1926/1928, che, provocando un notevole abbassamento della falda, ha messo in crisi le cenosi mesoigrofile

Nella superficie forestale della Tenuta si possono perciò individuare tre formazioni principali, corrispondenti alle seguenti tipologie:

bosco a prevalenza di leccio

bosco a prevalenza di frassino

bosco a prevalenza di pioppo

Nel bosco del primo tipo l’essenza principale è naturalmente il leccio (Quercus ilex), con associati pini domestici di impianto artificiale ed un buon numero di altre specie 95 accompagnatrici; questo bosco è oggi presente su superfici di estensione limitata, in quanto buona parte fu trasformata in pinete per la produzione di pinoli. Il successivo parziale abbandono di alcune di esse ha determinato il formarsi di una vasta gamma di situazioni di transizione tra queste due formazioni tipiche, con il ritorno tendenziale alla condizione originaria. La specie che maggiormente tende a mescolarsi con il leccio, nell’evoluzione verso forme più mature, è l’orniello (Fraxinus ornus), ma non manca la farnia (Quercus robur), seppure presente a gruppi e confinata in micro avvallamenti. Il secondo tipo di bosco presenta un soprassuolo caratterizzato da una struttura biplana, con piano superiore a frassino (Fraxinus oxycarpa) ed uno inferiore ad ontano nero (Alnus glutinosa). Si assiste ad una minor presenza di zone depresse a falda emergente, e quindi ad una maggior rappresentazione nel piano arboreo di specie mesofile, che fa supporre un processo evolutivo in atto; la distribuzione a gruppi di farnia e pioppo, invece, potrebbe essere spiegata con scelte selvicolturali operate durante il passato trattamento

Limitrofo a quello di frassino, e normalmente intersecantesi con questo, è il bosco del terzo tipo, identificato dalla massiccia presenza del pioppo (Populus spp.) e caratterizzato da una certa abbondanza di specie, costituenti mescolanze variabili, capaci di buon ricoprimento. In esso lo strato arbustivo è abbondante, ma sovente il rovo raggiunge percentuali di ricoprimento elevatissime e determina perciò una eccessiva concorrenza nei confronti della rinnovazione arborea, da cui si affrancano normalmente i soli polloni radicali del pioppo e del frassino; in alcune zone la farnia è quasi assente, o rappresentata da piante isolate, mentre in altre costituisce una componente importante del bosco misto di latifoglie; una situazione particolare è rappresentata da alcune chiarie poste a ridosso del Canale della Lama Larga e coperte da una bassa ed intricatissima vegetazione composta da specie arbustive ed arboree; eccettuati alcuni pioppi euroamericani di impianto artificiale, la componente arborea proviene da rinnovazione naturale di farnia, olmo (Ulmus minor) e pioppo, tra cui il tremolo (Populus tremula). La farnia è la più rappresentata, in diversi stadi di sviluppo, anche con soggetti di notevoli dimensioni diametriche

Parallelamente alle zone boscate, e molto spesso frammiste a queste, abbiamo le pinete di pino domestico (Pinus pinea) per la produzione di pinoli, più o meno specializzate; esse sono tutte strutture antropiche, ed al loro interno lo sviluppo della vegetazione spontanea è molto vario, ed è determinato sia dalle condizioni del suolo sia dall’intensità e dal tipo di utilizzazione. Nella zona Sud-Est della Tenuta, dove il suolo si presenta a tessitura sabbiosa, sotto la pineta si rinviene solo vegetazione erbacea, a predominanza di graminacee, con chiazze di limitata estensione di rovo (Rubus spp.) e di cisto (Cistus spp.); in questi soprassuoli è presente talvolta una limitata rinnovazione di pino domestico. In altre zone si hanno soprassuoli che paiono tendere, per la tipologia e l’abbondanza della vegetazione, al bosco di leccio e, sporadicamente, al querceto meso filo; infatti, in presenza di boschi di latifoglie limitrofi alle pinete, o di nuclei di questi al loro interno, l’abbondante luce che raggiunge il suolo permette non solo una buona rinnovazione delle specie arboree, ma anche un discreto sviluppo fino, in alcuni casi, al raggiungimento delle chiome dei pini. Questa situazione, però, diventa possibile solo da una certa età della pineta, in condizioni di discreta fertilità del suolo ed in seguito al verificarsi di fallanze nello strato arboreo superiore

I boschi della Tenuta di Tombolo sono stati utilizzati nei tempi passati con un’organizzazione che prevedeva la gestione del territorio in un’unica unità, governata da un amministratore, alle cui dipendenze lavorava un certo numero di “provvisionati” fissi, affiancati, in caso di necessità, da mano d’opera assunta temporaneamente; le attività principali erano costituite dalla produzione del legname, dallo sfruttamento delle radure per il pascolo di animali, dalla pesca e dalla caccia. A seguito della bonifica degli anni ’20, furono messi a coltura i terreni prosciugati, e di conseguenza si vennero restringendo e modificando le superfici boscate, che videro l’impianto di pinete specializzate nelle superfici caratterizzate da terreno a tessitura sabbiosa

Attualmente i boschi della Tenuta di Tombolo (intendendo per tali, come sopra ricordato, i terreni in uso all’Università di Pisa) consistono in circa 250 ha di pinete di pino domestico, in poco meno di 500 ha di bosco misto di latifoglie e conifere, in oltre 25 ettari di superfici cespugliate ed in circa 17 ha occupati da tare, canali, strade, ecc. La distinzione dei due tipi colturali principali deriva non solo dalla diversa composizione specifica dei soprassuoli, che d’altro canto risulta molto differenziata negli stessi boschi misti, ma anche dai sistemi di coltivazione che li hanno contraddistinti nel tempo e che a tutt’oggi continuano a determinare le loro destinazioni: la classe del pino domestico comprende fustaie produttive e coltivate per la raccolta del pinolo, mentre i boschi misti costituiscono soprassuoli a prevalente importanza naturalistica, nei quali gli interventi sono diretti non ad uno sfruttamento delle risorse, bensì ad un mantenimento ed un eventuale miglioramento delle caratteristiche vegetazionali

Le pinete presenti sul territorio della Tenuta sono rappresentate da piante di diverse età, in ossequio alla buona pratica forestale, che vorrebbe che le fustaie coetanee fossero gestite con uguale superficie per ogni classe di età in cui viene suddiviso il turno produttivo delle specie che le compongono. Questo permette di ricavare nel tempo un prodotto pressoché uguale e costante, e di ripartire negli anni i costi del reimpianto, che, come noto, sono molto elevati. I prodotti ritraibili da queste fustaie sono essenzialmente due: il pinolo ed il legname; il pinolo è quello principale, in quanto costituisce una tipologia merceologica che ha un ampio mercato, e che nella nostra zona vanta una grande tradizione in tutte le fasi della filiera di produzione, a partire dalla raccolta, alla lavorazione ed infine alla commercializzazione come mandorla. Il legname, al contrario, è costituito da assortimenti di scarso valore: tronchetto da cartiera o da cippato per diametri fino a 20 cm sotto corteccia, e tronco da segati per imballaggi per i diametri superiori; essi, comunque, hanno ancora un discreto mercato, e trovano quindi abbastanza facilmente acquirenti interessati, anche se i prezzi subiscono notevoli variazioni, legate soprattutto all’andamento dell’offerta interna ed internazionale. Al termine del ciclo produttivo, il destino della pineta verrà determinato, oltre che da altre considerazioni, anche dalle condizioni di sviluppo delle essenze che, come abbiamo visto in precedenza, vengono adintrodursi tra gli individui della fustaia, modificando la tipologia del soprassuolo fino a fare assumere a quest’ultimo le caratteristiche del bosco di leccio; se ciò accade, al taglio raso del pino domestico potrà seguire o un nuovo impianto “a buche” o, in alternativa, la conversione definitiva della pineta in una formazione ecologicamente più stabile (e quasi certamente preesistente)

Nel bosco misto di conifere e latifoglie, la mescolanza e la distribuzione delle varie specie è alquanto varia, tanto che già nella descrizione precedente si sono individuate diverse tipologie in relazione alla specie dominante; questi tipi si alternano sulla superficie, dando origine ad una formazione forestale caratterizzata da grande variabilità specifica. Complice della distribuzione delle specie è certamente stato anche il trattamento colturale a “ceduo composto” praticato fino a 40 anni fa circa. In questa tipologia selvicolturale, la matricinatura era costituita da frassino, farnia, leccio, olmo e, raramente, carpino bianco (Carpinus betulus). A queste specie, mentre venivano ceduate le latifoglie, è stato sovrapposto quasi ovunque un piano dominante di pino domestico, che, in assenza di ulteriori cure, si è rarefatto ed oggi si presenta discontinuo. Il governo a ceduo veniva praticato sull’ontano nero, sul frassino, sul leccio e sull’orniello, ed interessava anche gli arbusti più abbondanti. Il pioppo bianco (Populus alba), ma in generale tutti i pioppi, venivano tagliati nel corso della ceduazione, ma di queste specie non venivano rilasciate le matricine, in quanto dotate di buona capacità di ricaccio di polloni radicali

Oggi, l’aspetto del bosco, nel suo complesso, può essere assimilato a quello di fustaia disetanea mista a gruppi, e come tale viene considerato dai piani di assestamento forestale della Tenuta, che quindi prescrivono interventi adatti a tale tipologia di soprassuolo. In particolare, gli interventi attuali dovrebbero consistere nell’avviamento ad alto fusto delle ceppaie di ontano nero, di frassino, di orniello e di leccio; nel diradamento dei gruppi densi di pioppo e dei nuclei di pino domestico originati da semina; nel taglio di piante di questa specie, quand’esse risultino sovramature o comunque limitanti lo sviluppo delle latifoglie. Tutti questi interventi dovranno poi essere seguiti dall’impianto di giovani soggetti, di dimensioni adeguate per vincere la concorrenza degli arbusti, e convenientemente difese dall’attacco degli erbivori. Naturalmente, tutte le scelte operative devono tenere conto delle necessità che le varie specie incontrano nelle diverse situazioni, del rapporto fra le varie specie all’interno della mescolanza, della struttura della formazione e dello stadio evolutivo degli individui e del complesso in generale

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