Si avvia alla conclusione il progetto PRINT: La gestione sostenibile delle colture erbacee di pieno campo e i suoi effetti sul suolo

Perché un sistema agricolo funzioni correttamente, occorre ponderare sapientemente quegli elementi attraverso i quali esso stesso si esplica, in modo tale da ridurre al minimo quelle esternalità che lo allontano dal suo stato di equilibrio; cosa che accade inevitabilmente e ripetutamente in qualsiasi attività antropica, e quindi anche in agricoltura.

Ma è veramente così? Il divario tra uomo e natura si è acuito proporzionalmente al progredire della società umana fino a raggiungere il suo culmine nel secolo scorso, testimone dell’intensificazione sfrenata dei sistemi agricoli. Come risultato detta funzionalità è oggi a rischio, e il compito della ricerca in particolare, è quello di provare a ripristinare tale funzionalità. L’incognita da considerare in questa equazione è rappresentata dall’agricoltore, che con la propria attività plasma l’agroecosistema e le interazioni tra le sue componenti. 

La politica europea, soprattutto in passato, non è sempre stata capace di comprendere l’importanza dell’agricoltore nella gestione dell’agroecosistema. Per favorire il riavvicinamento tra la politica e chi coltiva il campo, la ricerca ha il compito di produrre soluzioni innovative che inducano l’agricoltore ad abbandonare l’atteggiamento diffidente che manifesta nei confronti di soluzioni alternative ai metodi convenzionali.

Come rispondere dunque al nostro interrogativo iniziale? Tutto sta nel lavorare insieme all’agricoltore per effettuare scelte orientate secondo una logica di lungo periodo e in un’ottica di sostenibilità.

Un primo passo in questa direzione ci giunge dal progetto PRINT – PRImaverili INTelligenti – ideato nell’ambito sottomisura 16.2 del Programma di Sviluppo Rurale (PSR) 2014-2020. Il progetto (www.progettoprint.it) è volto a promuovere la competitività economica del comparto agricolo in linea con una riduzione degli input esterni e il principio di sostenibilità ambientale, promuovendo la diversificazione degli avvicendamenti colturali. 

La linea di ricerca ha previsto lo svolgimento di prove on-station e on-farm incentrate sul confronto tra sistemi produttivi a diverso grado di intensificazione: lavorazioni conservative e convenzionali; ricorso o meno all’utilizzo di agrofarmaci, con contestuale modulazione dei dosaggi; concimazione minerale-azotata con o senza integrazione del sovescio di colture di copertura azotofissatrici, il tutto utilizzando tecniche di agricoltura di precisione (es. rateo variabile sulla base di mappe di prescrizione). 

Due sono stati i campi di azione: il primo ha interessato gli appezzamenti del Centro di Ricerche Agro-ambientali “E.Avanzi” dell’Università di Pisa, l’ente di ricerca partner del progetto; il secondo, ha previsto la collaborazione con l’Az. Agricola de Angeli, situata nel comune di Crespina – Lorenzana, specializzata nella coltivazione dei seminativi. In quest’ultimo caso l’attività ha previsto il monitoraggio del girasole coltivato secondo due sistemi a basso input e un sistema convenzionale: le quantità dei vari mezzi tecnici utilizzati per la concimazione e per la difesa dalle infestanti sono stati variati in coerenza con il sistema impiegato. Nella sola coltivazione a ridotto impiego di input esterni, parte della concimazione è stata sostituita dal sovescio del favino in precessione e in uno dei due sistemi non è stato previsto l’uso del glifosate.

Le attività interne hanno previsto il monitoraggio del sorgo da granella all’interno di una rotazione pluriennale, ideata nell’ambito della prova di lungo periodo denominata MASCOT (Mediteranean Arable System COmparison Trial) e del sorgo in una prova di campo limitrofa. Nel primo caso l’obbiettivo è stato quello di valutare l’effetto dei diversi sistemi adottati (ovvero biologico e integrato) sulla produttività del sorgo. L’impostazione sperimentale della seconda prova ha previsto il confronto di 2 diversi metodi di gestione del suolo con e senza coltura di copertura (laddove la cover era assente il controllo delle infestanti è avvenuto tramite glifosate) in un contesto di minima lavorazione. Come coltura di copertura è stata impiegata la veccia vellutata ed è stato previsto un intervento di sarchiatura in entrambe le sezioni del campo. 

Dai dati agronomici reperiti durante il ciclo biologico delle colture, non sono emerse differenze statisticamente significative in termini produttivi sia dal punto di vista quantitativo che da quello qualitativo in nessuna delle prove considerate. L’assenza di differenze apprezzabili tra le diverse strategie di gestione, risulta incoraggiante in una prospettiva di riduzione dei costi e di mitigazione dell’impatto ambientale. Occorre sottolineare come un solo anno di dati risulti insufficiente per validare la robustezza dei risultati ottenuti; di qui la necessità di ripetere la sperimentazione su più cicli colturali consecutivi. 

Parallelamente, l’effetto di tali pratiche è stato quantificato in termini di impatto ambientale, attraverso l’acquisizione di dati di campo utili all’implementazione di modelli predittivi. A tal proposito, l’Università degli studi di Milano, in collaborazione con Timesis S.r.l., ha utilizzato un modello estimativo denominato ARMOSA, incentrato sulla valutazione dei flussi di carbonio e azoto nei sistemi colturali. In particolare, il modello si avvale del metodo carbonchange, che consente la quantificazione dello stoccaggio di carbonio organico nel suolo derivante da tutte quelle attività agricole che determinano una netta riduzione della CO2 emessa in atmosfera. L’entità della rimozione viene valutata attraverso il confronto tra uno scenario di riferimento (baseline) e un modello alternativo, caratterizzato da una gestione più sostenibile. Il sistema è in grado di effettuare una valutazione di convenienza legata o meno all’attuazione di tali pratiche virtuose. 

Inizialmente, La baseline di Carbonchange è stata implementata per adattarla al contesto locale con il supporto della Cooperativa Produttori agricoli Pisani, capofila del progetto PRINT, che ha fornito, tramite la diffusione e compilazione di specifici questionari, i riferimenti le pratiche colturali in uso presso un centinaio aziende agricole associate.

In itinere l’azienda De Angeli e le altre aziende pilota (Az. Agr. Malacarne Marco di Pontedera, Az. Agr. Musu Giuseppe e Francesco di Fauglia, Az. Agr. Zalum Giulia Maria e Coop. Il  Rinnovamento Agricolo di Santa Luce) hanno gestito il monitoraggio delle colture primaverili e la acquisizione, misurazione, registrazione di ulteriori dati colturali di dettaglio che saranno utili per affinare l’applicazione del metodo CARBONCHANGE nel territorio di riferimento. Le aziende pilota sono state selezionate in base al livello di specializzazione e grado di meccanizzazione, tipo e consistenza delle tecnologie di precision farming disponibili, presenza di personale adeguatamente formato e preparato, in modo da assicurare la massima copertura a tutte le specificità territoriali coinvolta: piana dell’Arno, pianura pisana, Coltano e zone umide, pianura livornese e Valdera (De Angeli, Malacarne, Musu, Zalum), piana di Cascina e Arnaccio (Zalum), collina pisana e livornese (Coop Rinnovamento).

Il monitoraggio sul campo ha interessato le colture primaverili, concentrando le attività, caso per caso, sulle esigenze agronomiche e sulle problematiche delle singole specie. 

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